Che ne sarà ora di Cinecittà?
Articolo di Italia Oggi del 18 marzo 2017 di Valentini Carlo
Anche tra coloro che erano convinti sostenitori delle privatizzazioni RAI c’è chi incomincia a dubitare sul loro esito.
Qualche risultato positivo sui conti pubblici vi è certamente stato ma le zone d’ombra sono molteplici: dall’Alitalia alle Telecom, dalle autostrade alla siderurgia.
Perciò si registra un vento contrastante. Da un lato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, alle prese con l’aggiustamento di bilancio richiesto dall’Unione europea vorrebbe far cassa mettendo sul mercato un pacchetto azionario della Cdp (Cassa depositi e prestiti).
Dall’altro c’è chi invoca, considerando la necessità di un volano pubblico per rendere effettiva la ripresa economica, un rinnovato interesse statale sull’economia, in pratica la trasformazione della Cdp in una nuova Iri, ciò che per altro sta avvenendo a grandi passi.
Così si riparla di un azionariato pubblico in Alitalia ma anche di operazioni minori come per esempio quella di Cinecittà. La privatizzazione (avvenuta con la legge 346 dell’ottobre 1997) doveva farla diventare un fiore all’occhiello del cinema italiano, da rilanciare dopo le epiche imprese felliniane, e un parco tematico sulla falsariga dei famosi Warner Bros Studio in California.
Il compito di raggiungere questi obiettivi se l’erano presi Diego Della Valle, Luigi Abete e Aurelio de Laurentiis, cavalieri bianchi accorsi al capezzale dell’agonizzante Cinecittà attraverso la costituzione (insieme ad altri soci) della Italian entertainment group (Ieg).
I risultati non sono stati brillanti e Cinecittà oggi versa in uno scomodo limbo, vive come location di qualche fiction televisiva e di un pugno di visitatori del parco tematico, nonostante interessanti iniziative come quella che sarà inaugurata il 25 marzo, per festeggiare l’80esimo compleanno degli storici Studios italiani.
Si intitola Pezzi da Oscar e proporrà le più belle realizzazioni scultoree e ambientali per i film realizzati a Cinecittà e premiati con le ambite statuette dell’Academy Awards.
Dice il sindacalista Rsu Cinecittà, Massimo Corridori: «Quello che i nuovi proprietari si ripromettevano era apparso subito dopo la privatizzazione, con la presentazione di un progetto per la costruzione di multisale, centri commerciali e alberghi che il consiglio comunale alla fine bocciò».
Occorrerebbero finanziamenti consistenti e un progetto di lungo respiro. Né questi né quello sembrano essere all’orizzonte e si avvicina il rischio di una regressione agli anni infausti o a quelli assai vicini (2015) quando vi furono cassa integrazione e contratti di solidarietà.
Di qui la tentazione della ri-pubblicizzazione attraverso l’Istituto Luce, oggi socio di minoranza con il 19,92% delle quote.
Potrebbe anche avvenire una forma surrettizia di intervento pubblico attraverso la Rai. All’emittente potrebbe in qualche modo essere suggerito di investire in Cinecittà. Del resto, il direttore generale renziano, Antonio Campo Dall’Orto, sostiene che la missione della Rai è quella della media company, ovvero un’impresa che spazia su tutto quanto fa intrattenimento (e informazione), dalla tv al cinema al web.
Cinecittà potrebbe quindi diventare il suo centro multimediale produttivo, col beneplacito del presidente della commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai, Roberto Fico, che in questo modo toglierebbe una castagna dal fuoco alla collega politica Virginia Raggi, la quale dopo le schizofreniche vicende della formazione della giunta e il no alle Olimpiadi, ancora non digerito da molti ambienti romani e non solo, rischia di ritrovarsi con l’affaire-Cinecittà tra le mani e i suoi dipendenti sotto il Campidoglio.
La Rai che mira a diventare punto di riferimento per l’industria nazionale dello spettacolo potrebbe finire per cedere alle pressioni e imbarcarsi nell’avventura. Anche se gli introiti del canone in bolletta sono risultati inferiori a quelli previsti e quindi il bilancio non sembra lasciare margini per iniziative dal dubbio risultato. Comunque sul tavolo del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, c’è anche questa carta. Dice il ministro: «C’è un emendamento approvato nel Milleproroghe che consente, per ora, che Cinecittà possa eventualmente tornare interamente pubblica. Anche, in prospettiva, con il coinvolgimento della Rai.
Pensare che Cinecittà possa diventare una cittadella del cinema e dell’audiovisivo sempre più importante, anche sulla base della crescita di questi anni, è una prospettiva possibile ma adesso il rapporto con i privati è tema di una trattativa tra l’Istituto Luce e loro. Quindi c’è la cornice legislativa, come finisce lo vedremo». Mentre è stato smentito un eventuale interesse di Vincent Bolloré, che ha già non pochi problemi sulla scalata a Mediaset e non sembra intenzionato, almeno per ora, a entrare direttamente nell’ambito della produzione cinetelevisiva in Italia. Infine c’è da registrare un contenzioso tra Cinecittà e il Comune di Terni, dove sorgono i Papigno Studios, una sorta di succursale di Cinecittà e da essa gestiti. Stanno andando in malora e il Comune s’è perfino rivolto al giudice perché venga riconosciuta l’inadempienza. «Occorrono i fatti», dice l’assessore alla cultura, Tiziana De Angelis, stanca del tira-e-molla con Giuseppe Basso, amministratore delegato di Cinecittà Studios. Più volte erano stati raggiunti accordi per il rilancio dell’area, sempre finiti male. Se ci sarà la privatizzazione anche il presidio temano sarà della parti-ta.Insomma, tutti sognano la Dolce Vita. Ma sono passati 57 anni.