TIM E LA MANNAIA DELLA POLITICA
In questi ultimi giorni abbiamo avuto modo di seguire l’ennesimo attacco da parte della politica a TIM ed in particolare, di alcuni componenti del Governo, a partire dal Sottosegretario Giacomelli (MISE) fino ad arrivare ai Ministri De Vincenti e Calenda, tutti pronti ad accusare TIM di non rispettare gli accordi sul piano della Banda Larga per le aree a fallimento di mercato, quelle definite “ zone bianche”.
Va ricordato che nel corso del 2016 i vertici di TIM sono cambiati con conseguenti nuove strategie e piani che hanno visto, nel rispetto delle regole, la definizione della progettazione/realizzazione della fibra con altri Partners (Fastweb) nelle Aree del Paese non “pianificate”.
Un’importante azione effettuata utilizzando investimenti privati, in zone dell’Italia che, sicuramente, sarebbero state fortemente penalizzate.
Ci preme evidenziare che TIM, con l’avvento del nuovo management ha definitivamente abbandonato la lunga fase “difensiva” ricercando un cambio di rotta caratterizzato dall’impegno di investire 12 miliardi di Euro per rafforzare le sue tecnologie, confermare la centralità degli asset aziendali ed in particolare sottolineando il mantenimento dell’attuale perimetro occupazionale (circa 51.000 dipendenti), un cambiamento positivamente accolto anche dalle Parti Sociali e da UILCOM in primis.
Non nascondiamo il nostro sconcerto per questa vicenda in quanto, ancora una volta, importanti esponenti del Governo, dopo aver dato vita a Open Fiber (società controllata da Enel e da Cassa depositi e Prestiti, quindi sostanzialmente dallo STATO) in totale concorrenza con l’ex monopolista Telecom, vogliono in qualche modo bloccare le scelte di un’Azienda privata.
Dispiace constatare come in maniera quasi ciclica la politica cerca di entrare a gamba tesa nelle scelte di TIM!
Dispiace constatare come la politica sia stata in passato la principale protagonista di quella che fu la peggiore privatizzazione della storia del nostro Paese durante il Governo D’Alema con i suoi “capitani coraggiosi”, negli anni 2000, che portò ad un forte declino di quella che veniva considerata la 5^ Azienda a livello mondiale condannandola, di fatto, a continui ridimensionamenti e ristrutturazioni, debiti altissimi e politiche industriali sempre più al ribasso.
La UILCOM ritiene che bloccare TIM anche per mezzo delle varie authority (Antitrust, AGCOM) porterebbe alla nascita di un pericoloso precedente soprattutto in termini di libertà di impresa e, nello specifico, impedirebbe un processo di evoluzione di politiche industriali positive dopo decenni di sacrifici.
La UILCOM, anche con il tramite della Confederazione, cercherà un confronto con il Governo affinché le mere logiche di potere non siano motivo di crisi che, allo stato delle cose, sono di grande importanza sociale, pensiamo ai tanti cantieri di lavoro che rischiano la chiusura, con il serio pericolo di ricadute occupazionali. TIM tra diretti ed indiretti muove una forza lavoro attorno ai 100 mila lavoratori!
Auspichiamo quindi che il Governo possa, con responsabilità, sentire le Parti Sociali, onde evitare errori già noti che tragicamente hanno caratterizzato scelte passate.
Roma, 23/06/2017